La Foresta
I Pesci & ORTIKA
Premio Antonio Neiwiller 2020, finalista InBox 2021
Due ragazzi si allontanano insieme da una festa e si addentrano nella foresta alla ricerca della dose perfetta, della botta definitiva. La foresta – antitesi del “centro” dove la vita è scandita e si esaurisce nel lavoro – rispecchia il vuoto selvaggio di due esistenze intersecate dal caso. Cosa cercano? Fin dove possono spingersi oltre la solitudine impietosa della provincia, della loro stessa marginalità? Loro sono la Festa, disperata dipendenza dalla vita, dalla sostanza-amore puro, da un presente assoluto. Un lucido delirio di coscienza che parla di Dio, del disagio dello stare al mondo, di cosa dare alle fiamme, dell’importanza della qualità di ciò che ci trasfigura e ci porta all’estasi. Cercano risposte luminose in un buio informe, come chi si allontana dalla luce per vedere le stelle, ricercatori di una verità spietata sulla propria condizione di esseri umani. Mettono le mani nella terra, entrano nella vita e nel dolore fino a trascendere estatici verso una dimensione di pura coscienza o di puro abbandono.
La foresta è il luogo del segreto. Un luogo oscuro dove tutto prende vita e dove tutto va a morire. È il luogo dei ricordi, un ricordo adolescenziale. La morte per overdose di due ragazzi che conoscevo, e che all’epoca avevano la mia età: 18 anni. È passato molto tempo da allora, quasi la metà della mia vita. Quei due ragazzi hanno continuato a vivere nella mente, a dialogare. Hanno rappresentato la morte della giovinezza e delle sue infinite speranze. La morte delle possibilità di un futuro e di una possibilità. Sono rimasti fermi nel ricordo. Tutto intorno è cambiato ed è invecchiato ma loro, per assurdo, sono rimasti per sempre giovani. Abbracciati su un prato. Come li trovarono, abbracciati nel vano tentativo di massaggiarsi il cuore e trovare un po’ di calore nel freddo autunno di una foresta oscura. Una foresta serena, lontano dalla solitudine delle città. Un luogo sacro dove tutto può succedere e dove sono seppelliti i ricordi di gioventù e le speranze ad essi legate.
Primo buio. Fuochi fatui. Due corpi a terra, stretti, aggrappati l’uno all’altro, come naufraghi resi folli dalle onde. In overdose. Buio. Suoni di una foresta notturna. Rami che si spezzano. Echi di risate nella brezza che piano piano rischiara tutto. Emergono due figure. Arrivano da un bosco, da una festa, in un luogo di cui non riconosciamo le forme; tra buio e luce, lo spazio si rivela pian piano intorno a loro. Poco importa che si siano incontrati scopando nel cesso di un dancefloor estatico o in una vita precedente. Si sono riconosciuti. Hanno conosciuto lo stesso punto di luce. Agisce in loro lo stesso veleno. Allo stesso tempo. La loro presenza doppia e totale fa saltare in aria qualunque prima, davanti a loro esplode l’inconsistenza del percorso terrestre. E ora sono qui. Dentro la Foresta. Da qualche parte. Loro sono la Festa.
con Alice Conti, Fiorenzo Madonna
regia e drammaturgia Mario De Masi
scrittura scenica Alice Conti, Fiorenzo Madonna
aiuto regia Serena Lauro
disegno luci Alice Colla
foto di scena Ivana Fabbricino, Tommaso Vitiello
produzione Teatro della Caduta e Theatron Produzioni con la complicità de L’Asilo