In macchina
Di Enrico Petronio, con Elena Ferrari, Mariano Arenella
Luci: Davide Rigodanza
Costumi: Roberta Spegne
“Le storie d’amore sono tutte uguali, banali, naturali. Ciò che le rende diverse, ciascuna speciale, originale, unica è il fatto che stia succedendo a te.”
1967. Un uomo, una donna, un auto. Esperimento di teatro che usa una location naturale e realistica, si potrebbe dire “cinematografica”. Il concept dello spettacolo ha origine in un brano della grande Mina degli anni ’70: “Devo tornare a casa mia”. Nella struggente ballata, una donna implora l’amante di lasciarla tornare dal marito, ma alla fine non ce la fa a non cedere alla passione e segue l’amante. La trama è quella di due amanti che stanno andando al loro solito albergo per fare l’amore, ma lei ha deciso che quella sarà la loro ultima notte.
IN MACCHINA, dunque, ha tutta la romantica banalità. di una grande canzone d’amore, ma anche il godimento interno di una storia assolutamente sincera e normalissima. I due attori arrivano in scena in macchina, e gran parte del dialogo si svolge all’interno della vettura. Perché è la macchina, appunto, il terzo personaggio, il personaggio nascosto: quella cosa in cui si sviluppa tanto della loro vita, angolo oscuro e segreto che protegge e allo stesso tempo denuncia gli amanti. Gli attori sono microfonati, mentre il pubblico è seduto attorno all’auto, ci guarda dentro, li spia, una sorta di drive in al contrario. È quindi uno spettacolo cinematografico, normale, quotidiano, di totale immedesimazione.